La forma attuale della catechesi non va

Un rinnovo della catechesi è auspicato da tutto il mondo ecclesiale.
Ma dopo il lockdown ci siamo affrettati a portare tutto a come era prima

La forma attuale della catechesi non va. È un tasto difficile e dolente perché entriamo in un campo nel quale per anni nessuno ha mai osato metterci le mani.Continuiamo a dire che la forma della catechesi dalla quale proveniamo non tiene più.

Alcune domande dopo il lockdown

Ma come mai, dopo il periodo di blocco forzato dovuto al virus, ci siamo affrettati a riportare tutto come prima, recuperando i sacramenti e gli anni “persi”? Come mai stiamo riproponendo una forma di catechesi che è sostanzialmente uguale a quella precedente? Per quali motivi non abbiamo colto l’occasione che, seppur nata da un periodo nefasto della storia, ci aveva offerto la possibilità per un cambiamento interessante? Quali ragioni ci hanno impedito di progettare in modo diverso? Siamo stati incapaci di cogliere l’attimo? È stata una svista? Non abbiamo avuto il tempo per fare ulteriori riflessioni?

Ci sono mancati coraggio e profezia

La mia umile opinione di piccolo parroco, a metà strada tra Bergamo e Brescia, è che ci è mancato il coraggio e la profezia. Non abbiamo osato nulla come Chiesa per cercare un significativo cambiamento. Non solo, ma neanche abbiamo “sfruttato” questo tempo per un pensiero e confronto serio e sistematico che ci permettesse di affrontare le nostre paure, le nostre incertezze, i nostri timori. Avremmo potuto provare a staccarci da una Chiesa di un altro tempo per puntare verso una Chiesa con linguaggi e modalità nuove, al passo con il tempo che vive.

E così, per custodire la logica dei piccoli passi e della gradualità, continuiamo a riproporre una forma di Chiesa di un’epoca passata. Ci ostiniamo a  conservare ciò che pensiamo sia buono. Non ci accorgiamo delle occasioni che stiamo perdendo. Perdiamo la possibilità di arrivare ai respiri a pieni polmoni di una Chiesa che Papa Francesco continua a proporci. Non ascoltiamo i suoi inviti dolci e teneri. Ma neppure avvertiamo le sue spallate e i suoi spintoni. E così perdiamo i suoi incoraggiamenti, così privi di remore, offerti con il suo stile semplice e apparentemente poco teologico, ma profondamente umano, evangelico, conciliare.

Dovremmo mettere in discussione tutto

Ci accorgiamo, del resto, che cambiando la forma della catechesi dovremmo necessariamente mettere in discussione tutto. Cade tutta la struttura (io mi permetto di dire per fortuna!) e questo ci fa molta paura. Dall’altra parte, però, questo ci consegna anche un respiro e uno sguardo sul futuro che non necessariamente dovrà essere frustrante e negativo. Anzi, in realtà oggi non facciamo altro che dirci quanto il nostro tempo non corrisponda più al nostro modello di Chiesa. Questo sì, può diventare frustrante e, in buona parte, lo è già.

Mi sembra di vedere, dentro i nostri timidi tentativi diocesani di riforma, più il pensiero di cambiare le modalità della catechesi. Ma è un cambiamento che conserva gli stessi presupposti, le stesse attese, gli stessi schemi. Sono i punti di partenza di una Chiesa passata, proprio quelli che, in sede di analisi, continuiamo a ripeterci che non tengono più. Ma non riusciamo a staccarcene.

Non credo sia importante in questo momento storico avere la pretesa di proporre un modello catechistico già ben definito e strutturato in tutte le sue forme e in tutti i suoi aspetti teologici, ecclesiologici, cristologici o dogmatici. Immagino piuttosto un cammino di riforma ecclesiale proposto tra preti delle fraternità, accompagnato e sostenuto dagli uffici di curia. Potremmo, in quella prospettiva, prendere atto di una varietà di metodi, di stili, di modalità che renderebbero la proposta ancora più ricca e la prospettiva di rinnovamento ancora più interessante. Questo aiuterebbe i singoli sacerdoti o le piccole comunità sacerdotali ad avere la forza di sostenere il cambiamento nei consigli pastorali, nei gruppi parrocchiali, nelle proprie comunità.

Provare a fare il salto

Non si tratta ancora una volta di arrivare nelle comunità dicendo “so già cosa serve a questa parrocchia e da oggi in poi si fa così!”. Si tratta invece di seguire tutto il cammino di problematizzazione con la comunità stessa, in modo sinodale, trovando forme sempre perfettibili e mai definitive di catechesi, di liturgie, di carità. Dovremmo arrivare a cogliere le istanze della nuova teologia e dell’idea di Chiesa che il Concilio Vaticano II ci propone da ormai più di mezzo secolo.

La sfida è quella di saperci accompagnare, vicendevolmente, nel sostenere questi sguardi nuovi, senza negare le paure che abbiamo, ma, anzi prendendole per mano e provando a spingerci oltre, a fare il salto.

Si tratta anche di provare a rispondere alle domande che inevitabilmente nascono e che non saranno immediatamente risolvibili. Dovremmo partire dai presupposti che si vogliono assumere e provare a non tenersi ancorati ai criteri da cui, invece, vorremmo staccarci. Così potremmo riuscire a prendere il largo.

Un po’ come quando ci troviamo su un trampolino prima di tuffarci. Ci vuole coraggio per saltare e sentire quel vuoto. Andremo sott’acqua e ci ritroveremo un po’ smarriti, ma scopriremo, poi, un nuovo respiro. E proveremo la gioia per aver superato quel timore iniziale e per aver scoperto una nuova sicurezza che ci apre alla bellezza di acque nuove, di possibilità nuove.

E continuare a sperare

Potremmo dilungarci molto su questi temi, ma per giuste ragioni di spazio e di natura del blog, chiudo qui questo semplice, ma appassionato intervento. Vorrei notare comunque che consola e incoraggia il fatto che, oggi, molte parrocchie stanno tentando vie e sentieri interessanti, dentro e fuori la diocesi. Questo è molto bello e fa ben sperare.

Queste righe non hanno nulla di sistematico e di scientifico, sono solo le riflessioni di un prete che, come tutti gli altri, sta giocando la sua identità anche dentro le forme di Chiesa che si propongono nella comunità stessa. È in gioco la nostra identità di preti e più in generale di cristiani, di testimoni del Vangelo.

Lasciamo anche che lo Spirito Santo possa accompagnarci in questo tempo così entusiasmante. Siamo proiettati in modalità di vita sempre nuove e stimolanti, difficili ma ricche di possibilità di comunione e di movimenti sinodali.

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