Il populismo ha contagiato anche la Chiesa? 

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Diversi tratti del populismo si ritrovano anche nella Chiesa.
Alcune iniziative del Papa sono enfatizzate, alcune emozioni ingigantite.
Trionfano le soluzioni facili ai problemi difficili

Il populismo è una realtà trasversale presente nella politica e nella società contemporanea. Ne ho parlato nell’articolo del 28 gennaio. In chiusura, mi chiedevo se anche nella Chiesa, fatta anch’essa di uomini del nostro tempo con le loro fragilità, non si assista ad un cedimento in tale direzione. 

Le telefonate del Papa

Per rispondere a questa domanda proviamo a scorrere alcuni dei principali aspetti che caratterizzano il fenomeno.

Primo elemento sono i leader carismatici che si pongono in rapporto diretto con il popolo delle cui istanze e sentimenti si presentano come gli autentici interpreti. Purtroppo questa è una realtà  e proprio per evitare il ripetersi di dolorosi casi di “leader carismatici” il papa nel 2021 ha imposto il limite di 10 anni al mandato di governo delle associazioni laicali.

Che dire poi di certi abusi in materia liturgica atti più a esaltare la figura del celebrante, quale leader carismatico, che il popolo cristiano riunito intorno all’altare.

Ma non è solo questo, è anche un atteggiamento, un modo di presentarsi: infatti una dose di populismo si ravvisa anche nel come, soprattutto da parte dei mass media, viene presentato il papa, o almeno certi suoi interventi o azioni, sottolineandone gli aspetti che colpiscono l’emotività, evidenziano la presa diretta con la gente, per esempio esaltando azioni rivolte a singole persone che fanno risaltare la capacità di far proprio il dolore o le angosce del popolo.

Mi ha colpito come puntualmente i giornali riportino telefonate del papa a persone in grandi difficoltà (lutti, malattie, etc.), anzi ne è stato fatto anche un libro nel 2016, calcando su questi aspetti. Forse questi gesti non richiederebbero una delicata discrezione, lontano dai riflettori? E poi trattandosi spesso di persone al di fuori della diocesi di Roma non si finisce per “scavalcare” anzi “azzerare” il vescovo locale, per non dire il parroco? 

La forza delle emozioni. Il fascino delle soluzioni facili

Un secondo elemento è il richiamo ad argomenti che colpiscono l’emotività, magari amplificando casi pietosi o che suscitino indignazione: lo si può vedere in certe rigide prese di posizione in materia di eutanasia (meglio sarebbe dire “fine vita”). Oppure quando si propone un troppo indulgente buonismo finendo in realtà per sminuire la responsabilità del male, fino a trasformarsi di fatto in accondiscendenza.

Purtroppo esiste anche una povertà colpevole, come una solitudine colpevole: saranno certamente eccezioni, ma ci sono e non possiamo categorizzare le situazioni togliendo ai singoli la responsabilità delle proprie azioni o scelte di vita. 

Un terzo elemento sono le soluzioni semplicistiche e immediate, spesso drastiche, anche a problemi complessi, e il rifiuto di mediazioni (in politica il referendum inglese del 2016 sulla Brexit è considerato un caso di scuola).

Nel dibattito sull’ecumenismo si pongono spesso posizioni superficiali, ad effetto, dominate dal “volemose bene” (embrassons nous direbbero i francesi) che suscitano facili entusiasmi ma non colgono la complessità e la delicatezza dei temi teologici e soprattutto della faticosa, umile, necessaria collaborazione tra le confessioni nella ricerca della verità.

Analogo discorso si può riscontrare nel dibattito sul diaconato femminile. Anche qui si leggono interventi a favore che si fondano essenzialmente sulla evoluzione della società, sul ruolo della donna nella modernità o sui principi di uguaglianza e non discriminazione di cui la Chiesa è accusata di essere in difetto. Il carattere “ovvio” di alcune di queste osservazione non permette di affrontare adeguatamente il complesso tema della natura del sacramento dell’Ordine nonché del significato, del portato della Tradizione, ma anche sulle ricadute nel dialogo ecumenico.

Ben venga il diaconato femminile ma solo se costruito su solide e condivise argomentazioni (e qui stiamo attenti a non usare il “trucchetto” smascherato da Freud secondo cui spesso prima si decide e poi si trova la motivazione!)

La demagogia facile e l’opposizione alle élite di potere

Terzo elemento. I populisti amano le posizioni demagogiche per assecondare e accattivarsi le aspettative del popolo, indipendentemente da ogni valutazione della loro concreta fattibilità (“senza filtro” dicevamo nell’articolo precedente citando Cominelli). Un un conto, in effetti, è alzare genericamente la voce per il diritto alla casa, un conto è, come ha molto opportunamente fatto la diocesi Milano, istituire un Fondo per sostenere iniziative mirate: offrire garanzie a privati che offrono appartamenti a prezzi calmierati, contributi spese per famiglie in difficoltà, etc.

Quarto elemento. I populisti sono segnati da atteggiamenti di opposizione ad élite “di potere” sia esso politico, economico, scientifico (vedi movimento novax) o altro. Non poche volte, si assiste a posizioni ostili nei confronti del “Vaticano”, della “Curia Romana”, della “Gerarchia” come pure di gruppi etichettati come i “Tradizionalisti” o i “Progressisti” che avrebbero la colpa di tradire il messaggio evangelico, di perseguire fini mondani, di potere, e quindi da combattere se non da eliminare, facendo di ogni erba un fascio, rifiutando di cogliere la complessità della realtà, e soprattutto dimostrando incapacità di dialogo e di confronto.

Per queste loro caratteristiche, per il rifiuto di elaborare posizioni articolate, complesse, che non siano di presa immediata sul più vasto pubblico e soprattutto non mediate e a lungo termine (si consideri la frequenza nei titoli dei giornali di termini come “basta” e “subito”), i movimenti populisti, anche all’interno della Chiesa, si collocano verso posizioni tendenzialmente estreme, sia di destra sia di sinistra. 

Mi chiedo infine: ma non è forse il populismo della Chiesa riconducibile alle tentazioni di Gesù nel deserto?

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