Repubblica dal volto umano: solo un’utopia?

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I valori del sistema democratico in un grande discorso di Giuseppe Saragat.
Le polemiche e il rischio di trasformare una discussione importante in una questione ideologica.
Il dovere morale e politiche dei parlamentari

L’espressione “Repubblica dal volto umano” è stata coniata da Giuseppe Saragat nel suo discorso di insediamento come presidente dell’Assemblea Costituente il 26 giugno 1946.

“Che il volto della Repubblica sia un volto umano”

Il 2 giugno si tennero le prime libere consultazioni a suffragio universale nella storia italiana: i cittadini furono chiamati ad eleggere l’Assemblea Costituente e ad esprimersi sul referendum istituzionale che segnò la fine della monarchia e la nascita della Repubblica.

Giuseppe Saragat, eletto presidente della Assemblea con un’amplissima maggioranza, nel discorso di insediamento rivolse ai neoeletti costituenti un accorato appello che, in uno dei passaggi centrali, coglie in pieno la natura, l’essenza, i valori su cui si fonda un moderno sistema democratico parlamentare.


Gli eletti dal popolo, riuniti in Assemblea sovrana, debbono sentire l’immensa dignità della loro missione. Dietro a loro sono le sofferenze di milioni di italiani; dinanzi le speranze di tutta la Nazione. 
Facciano essi che il volto della Repubblica sia un volto umano, ricordando che la democrazia è soprattutto un problema di rapporti fra uomo e uomo. Perciò, oltre che dei problemi della struttura politica dello Stato repubblicano, l’Assemblea dovrà considerare quello della struttura sociale del Paese, con soluzioni disciplinate dalla saggezza dei legislatori e non ostacolate dall’egoismo dei ceti privilegiati. 

In tal modo le divergenze ideologiche si concilieranno nell’ambito dei diritti imprescrittibili della persona umana e delle società naturali in cui essa vive. Così pure la Costituente deve tener presente che la democrazia si crea nella misura in cui la separazione fra il popolo e l’apparato dei pubblici poteri progressivamente scompare. 
Un altro dovere infine sovrasta: quello dell’esempio, della concordia e più alto civismo.»

Il futuro Presidente della Repubblica era ben consapevole dei rischi, dei pericoli che un parlamentarismo fazioso avrebbe generato nel sistema: Saragat era consapevole che la democrazia, prima ancora che fondarsi su abili soluzioni di ingegneria costituzionale, si fonda su dei valori, su dei rapporti tra gli uomini, tra i rappresentanti dei cittadini, tra i partiti politici e le componenti sociali.

Le aggressioni politiche e la questione “alta” del fine vita

Purtroppo, soprattutto negli ultimi anni, si è assistito ad un degrado dei rapporti politico-istituzionali, dove al posto di una corretta dialettica tra i partiti si assiste sempre più a reciproci attacchi, spesso direttamente rivolti al leader di partito, intesi a denigrare, a delegittimare quello che non è più un avversario a cui si deve rispetto ma è un nemico da combattere. Il clima ne risulta avvelenato e alla fine viene compromessa la credibilità della classe politica nel suo insieme, delle istituzioni e, come ammoniva lucidamente Saragat, aumenta sempre di più la separazione fra il popolo e i pubblici poteri, prova ne è il sempre crescente astensionismo che purtroppo caratterizza le più recenti consultazioni elettorali.

Eppure, nonostante il poco edificante contesto politico, nel solco del generoso pensiero di Saragat, la CEI il 19 febbraio scorso è intervenuta sul tema del fine vita rinnovando l’invito «a non fare di questo tema una questione di ‘schieramento’, ma un’occasione per una riflessione profonda sulle basi della propria concezione del progresso e della dignità della persona umana avviando un ampio confronto parlamentare che rappresenti il Paese e le reali necessità dei suoi cittadini, scevro da logiche di parte e possibili strumentalizzazioni»

Possiamo veramente credere che i parlamentari chiamati a discutere i cinque disegni di legge ora all’esame del Senato siano in grado, parafrasando il discorso di Saragat, di sentire l’immensa dignità della loro missione, di superare divergenze ideologiche, di assolvere il sovrastante dovere dell’esempio, della concordia e più alto civismo, e fare essi che il volto della Repubblica sia un volto umano?

Solo un’utopia?

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