
Confidando di trovare eco e condivisione anche in altre persone. Temi è questioni che in questa sede non possono che essere nominati e accennati ma che per quello che riguarda la mia vita sono solchi di senso per l’oggi e per gli anni a venire.
Cinque temi che avverto importanti ed urgenti. Importanti, secondo l’asse del valore, urgenti secondo ciò che ci chiede questo tempo. Provocazioni che la pandemia quotidianamente fa entrare nella nostra vita. Questioni nodali del nostro vivere che chiedono di essere ascoltate perché interrogano la nostra vocazione umana, le forme e il senso della nostra esistenza e convivenza.
La speranza, in ultima istanza, è sempre conversione di sé e trasformazione del mondo. La speranza spinge la contemplazione interiore all’azione. Con una sola avvertenza, avere la pazienza di sostare con profondità sulle domande che la realtà ci pone, avere l’umiltà di confrontarsi con altri. Condividere le domande importanti e urgenti e infine osare esperienze concrete che ci introducano, con i tempi dovuti al rispetto della realtà, nel senso di risposte all’altezza delle domande. Come è ben sintetizzato da questo breve scritto di Rainer Maria Rilke.
Non cercare risposte ora :
nessuno te le potrà dare,
perché non sei in grado di viverle.
Di questo infatti si tratta:
di vivere ogni cosa.
Adesso vivi i problemi;
vivendo i problemi,
forse un lontano domani,
a poco a poco,
senza accorgetene,
scoprirai le risposte
Accennerò a cinque temi : Educare, Invecchiamento e rapporto tra generazioni, Economia e società, Religione e spiritualità, Ecosofia.
Oggi più che mai, sperare è educare, educare è sperare.
Se la speranza è il futuro che ci viene incontro e quindi è già vivo nell’invisibile del presente e se educare è custodire la domanda e accompagnare il venire al mondo il mistero del “figlio”, dell’altro che non mi è indifferente, dell’altro che mi abita e mi ri-guarda, oggi non possiamo sfuggire da ciò che la realtà ci fa vivere e ci dice.
L’apocalisse (rivelazione, svelamento) pandemica ci ha ampiamente mostrato in questi 23 mesi che tutto il nostro ordine sociale si riduce al produrre servizi e a consumare servizi. Si possono chiamare anche servizi assistenziali, sanitari, educativi, ambientali, sempre servizi a consumo individuale sono.
E infatti le parole d’ordine sono: specializzazione, professionalità, procedura, tools, skills, progetto individualizzato…etc… etc…
L’esempio più eclatante di questi ventitre mesi è stata la scuola. Il simbolo per eccellenza nelle cosiddette “società avanzate” dell’investimento in educazione per le giovani generazioni. Il simbolo evidentemente non c’è più, c’è solo un simulacro, un dispositivo tecnico/burocratico anonimo. La pandemia ce l’ha semplicemente mostrato in maniera esplicita.
Mentre noi “buoni ” chiacchieravamo, cosa è successo? Cosa ha voluto dire aprire la scuola e chiudere la scuola? Quale era il pensiero e l’azione implicita sottostante? Mentre noi ragionavamo di comunità educante, patti educativi, territorio e alleanza educative? Tutte retoriche nichiliste. Nella sostanza quale è stata l’esperienza dei ragazzi, dai 2 ai 24 anni, in questi 23 mesi? Questo: essere di fronte a un edificio che si apriva e si chiudeva e in alternativa aprire e chiudere un collegamento digitale. Tutto molto coerente con un sistema dualista ed un pensiero binario. I pochi tentativi d’alternativa sono stati immediatamente emarginati e cassati.
Appunto. E noi cattolici dove eravamo? A parlare delle meravigliose sorti future della comunità educante?
Si poteva far scuola a piedi, senza un aula ? Si poteva far scuola in un parco? Si poteva far scuola senza professori, con i più grandi che insegnavano e si prendevano cura dei più piccoli? Si poteva fare scuola tagliando l’erba di un parco, aggiustando le panchine, pulendo le tombe di un cimitero? Perché no?
Gesù non aveva un edificio, né Buddha, né San Francesco. Neppure Socrate aveva un edificio. E non avevano in alternativa la DAD. Camminavano. La comunità educante di don Milani non era di certo identificabile con un stanza di quaranta metri quadrati a Barbiana.
Semplicemente la pandemia ha svelato ciò che era già : la scuola è un dispositivo tecnico/burocratico. Anzi, oggi a pieno titolo possiamo dire tecnologico/burocratico.
Dove siamo stati noi cattolici? Dov’è che abbiamo mostrato il nostro martirio (“testimonianza”) in nome dell’educazione? Anche noi infilati nella polemica binaria contrappositiva e sterile tra Vax e no-vax? Non siamo forse trinitari? I martiri devono sempre stare in Congo o in Pakistan? Certo, va di moda così, i martiri devono sempre stare all’estero. Un bel martire a Bergamo non ci sta? Semplicemente perché trasgredisce consapevolmente a una legge sbagliata. Potrei fare tanti casi accanto a quello della scuola, ad esempio si potrebbe parlare di oratori. Anche l’oratorio è ormai solo un edificio?
Non è accettabile che i bambini, gli adolescenti ed i giovani siano diventati miseri utenti o al massimo clienti (nel grande circo della cosiddetta “libertà di scelta”). Così oggi siamo tutti allarmati della dilagante anomia, della strisciante depressione adolescenziale della preoccupante violenza minorile e immaginiamo, guarda caso, altri servizi e altri interventi specialistici. Un vero circolo vizioso.
Nell’attesa che venga la “beata speranza”, forse qualche domanda varrebbe la pena farsela.
2 Comments
Grazie!
Grazie per l’ascolto Sivia