29 marzo – Venerdì santo – Nella navata della chiesa di san Pancrazio sulla Corsarola il collettivo Ferrario Frères allestisce vari oggetti intitolando l’insieme “Noboy” – nessuno.
Un velo rosso sangue scende dalla volta e cela il presbiterio creando un incerto diaframma tra il sacro e la scena che va allestendosi nella navata. Quanto si racconterà va nascosto all’occhio di Dio, non fa parte del Suo regno, né Sua volontà – come nell’Eden Adamo che, scoprendosi nella nudità del tradimento, si vergogna e si nasconde.
Nella navata è allestito l’epilogo di un tradimento.
Su una fila di bancali, gli stessi dove si apprestano merci, sono allineati sacchi scuri, impermeabili, chiusi da cerniere, gli stessi che si utilizzano per il trasporto di corpi recuperati da morti violente; dalle loro forme strette da corde traspaiono le sagome di corpi in un catafalco collettivo.
Al fondo della navata, sulla bussola della porta, è appesa una grande composizione, tipica della poetica dei Ferrario Frères, tra pittura, fotomontaggio, olografia; sul mare cupo una zattera alla deriva trasporta umanità dolente: naufraghi, profughi, feriti non curati, ostaggi in attesa nel buio, bambini mutilati, giovani che chiedono aiuto.
L’opera del collettivo Ferrario Frères guarda spesso all’arte antica; nelle loro composizioni un capolavoro, stravolto nelle forme e nei mezzi, diventa sfondo di contemporaneità dando alla cronaca valenze epiche: scardina consolidati schemi percettivi e provoca le coscienze con differenti lirismi.
La composizione di San Pancrazio cita e reinterpreta un’icona della storia dell’arte e della cultura europea, “La zattera del Méduse” di Théodore Géricault.
Nel luglio del 1816 la fregata francese Méduse naufraga. Sulle scialuppe non c’é posto per la povera ciurma che viene stipata su una zattera di fortuna; 150 parsone restano alla deriva per 15 giorni: si salvarono solo in 20. Il giovanissimo Géricault trasforma la tragica cronaca in un dramma epico.(Il dipinto viene subito acquistato dal museo del Louvre e diventa simbolo di “umanità alla deriva”).
Interpretando drammi del tempo corrente l’installazione diventa una contemporanea sacra rappresentazione che indirizza e prepara quanto nella liturgia si esprimerà in preghiera corale.
La sensibilità degli artisti non si ferma alla denuncia del dramma e lascia tracce di speranza.
Alla base del sudario arrossato, prima della sequenza di morte, la tela si aggomitola in una nuvola di velo cangiante di aranciato: é contrappunto all’aranciato che, illuminando la grande composizione dell’umanità alla deriva, mostra una nave che porta sollecitudine…
a meno che “leggi cattive” non ostacolino i soccorsi.
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