
Un nuovo modo di abitare la vita, i luoghi, la casa: ecco che cosa è urgente e importante.
Un modo che, ripensandoci, tanto « nuovo » non è. Si tratta di riscoprire una condizione esistenziale costitutiva di ciascuno di noi, ovvero il nostro essere persona, il nostro essere sociali, il nostro essere relazione.
Nasciamo da qualcuno, l’ombelico lo testimonia in modo indelebile sulla nostra stessa pelle
Nasciamo da qualcuno, l’ombelico lo testimonia in modo indelebile sulla nostra stessa pelle; siamo catapultati in un mondo stracolmo di gente; viviamo la nostra quotidianità in un continuo contatto con l’altro. È inevitabile, proprio perché costitutivo.
Nel tempo invece ci siamo allontanati, rinchiudendoci – segregandoci – nei nostri appartamenti, alla ricerca di un’autonomia assoluta. Non abbiamo riconosciuto che ciò che chiamavamo «indipendenza» era in realtà lo spettro di qualcosa di ben più oscuro: l’individualismo. Per quaranta, cinquant’anni, abbiamo immaginato che chiudere la porta del nostro appartamento, lasciando al di là l’altro, il diverso, potesse in qualche modo proteggerci da ciò che ci spaventava. Abbiamo pensato che quella fosse la soluzione ai nostri problemi.
E invece, guarda un po’, da questa parte della porta, dentro il nostro apparentemente perfetto appartamento, ci siamo resi conto di essere completamente soli. Ci siamo accorti che nei nostri accoglienti alloggi per decine di anni non abbiamo accolto proprio nessuno. Anzi, ci siamo ben guardati dal farlo, perché il film nella nostra testa ci raccontava che l’estraneo di fuori era una minaccia da cui bisognava difendersi.
È il momento. Usciamo, dunque, dalla luce del lampione, fiduciosi di ritrovare la chiave della nostra casa. Incamminiamoci nel buio, osiamo, rischiamo.
Intanto è scoppiata la guerra in Ucraina: un’ulteriore prova della difficoltà umana ad attraversare i conflitti senza ricorrere alla violenza
Mentre stiamo ultimando la stesura di questo libro, è scoppiata la guerra in Ucraina: un’ulteriore prova della difficoltà umana ad attraversare i conflitti senza ricorrere alla violenza. Questo più recente spaccato della nostra storia sta spostando nuovamente gli equilibri e sarà importante aggiornare dati e analisi alla luce di una valutazione, oggi prematura, delle dinamiche in corso. Tuttavia, non viene a modificarsi l’esito di quanto trattato, anzi si rende ancora più necessaria e urgente una riflessione di senso e significato sulla centralità delle forme di relazione.
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Dotti
1 Comment
Buondì , interessante articolo, aggiungerei che l’abuso del digitale nell’ultimo decennio ha peggiorato la situazione. Si, ci si rinchiude nei nostri alloggi per restare soli e per proseguire nelle stesse attività che si fanno anche durante il lavoro o addirittura mentre si guida nel tragitto : Stare Connessi ad aspettare un like, una risposta , una faccina… per ore e ore. Facciamoci caso, ormai quasi tutti sono costantemente chinati sullo schermo , che teniamo tra le mani come mia nonna teneva il rosario , qualsiasi cosa si faccia siamo sempre con gli occhi e pollici fissi sullo schermo . Manfred Spitzer nei suoi libri già nel 2013 lanciava l’allarme sulla Demenza Digitale. Forse l’alloggio non è più un posto dove accogliere l’altro, per questo ci sono gli spazi pubblici , ma è lo spazio INTIMO dove ci si rinchiude con l’illusione di relazionarsi comunque con altri individui interconnessi dai loro Alloggi. A casa propria ci si deve sentire liberi da vincoli e dar sfogo ad ogni singolo aspetto della propria personalità . Quindi la casa è necessariamente parte della mia Intimità. Può esser mostrata solo a pochi intimi e solo quando sono pronto ad accoglierli e renderli partecipi della mia sacra intimità . Per il resto, mio modesto parere, vanno benissimo tutti quegli spazi pubblici fatti apposta per costruire occasioni di incontro che solo la cultura personale può trasformare in Relazioni. Un saluto . GT