Giuseppe da giusto a santo

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Giuseppe nel presepio appare un personaggio un po’ defilato, senza una sua consistenza.
Di solito è un vecchio stanco che a fatica si regge in piedi.

D’altronde anche i Vangeli gli concedono poco spazio. Marco e Giovanni lo ignorano. Luca lo nomina appena. Solo Matteo, dopo una lunga genealogia di uomini santi e peccatori, ci presenta Giuseppe, “figlio di Abramo, della stirpe di Davide, “sposo di Maria, dalla quale fu generato Gesù chiamato Cristo”.

Il resto lo conosciamo: “Maria, promessa sposa di Giuseppe, prima che andasse a vivere con lui, si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto” ( Mt1, 18-19).

Giuseppe “giusto”

Di tutto questo, mi soffermo sull’aggettivo “giusto”.

“Giusto” è, presso i Giudei, chi è fedele alla Legge, come erano giusti davanti a Dio Zaccaria e Elisabetta sua moglie che “osservavano irreprensibili tutte le leggi e le prescrizioni del Signore” (Lc1,6).

Ora Giuseppe, proprio perché giusto, in questa circostanza, avrebbe dovuto ripudiare pubblicamente la futura sposa, secondo quello che la Scrittura prevedeva, che equiparava all’adulterio la gravidanza  fuori dal matrimonio punibile con la lapidazione (Dt 22,20).

Così è anche il caso riportato nel IV Vangelo quando i teologi di allora (gli scribi) insieme ai farisei conducono a Gesù una donna sorpresa in adulterio: “Maestro, Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come queste. Tu che ne dici?” (Gv8, 5).

Ora, tornando a noi, non sappiamo che cosa si sia scatenato dentro l’animo di Giuseppe. Avremmo voluto saperne di più, ma la Bibbia è povera di note psicologiche. Narra solo alcuni fatti o eventi che vengono interpretati con brevi frasi. Ma qui anche le parole mancano.

Giuseppe rimane silenzioso.

Parla invece l’angelo che gli appare in sogno. Un modo per esprimere un’illuminazione interiore.

In altri termini, nella solitudine della sua coscienza, Giuseppe è condotto a quell’intelligenza spirituale che lo apre al mistero di Dio. Dio interviene chiedendo una rottura radicale rispetto alle aspettative del futuro sposo che si trova “eletto”, scelto, per una missione unica, essenziale anche dal punto di vista sociale, perché consegna a Gesù una paternità naturale, immettendolo dentro una storia, una tradizione, un popolo.

Giuseppe l’obbediente silenzioso

Così Giuseppe entra nella mistica della fede in una obbedienza silenziosa.  Per questo mette da parte i suoi  sentimenti, anche i suoi diritti, ciò che gli compete come uomo innamorato, per fare spazio a Dio. Accoglie in sé il mistero e se ne assume la responsabilità.

Giuseppe si è fatto capace di accettare l’inspiegabile. Sa accettare anche quella parte contraddittoria, inaspettata e perfino deludente per assumerla. E riesce a viverla con fiducia, da uomo libero.

Paolo afferma che i cristiani sono “chiamati a libertà” (Gal5, 13) e per Giuseppe questo significa libertà da se stesso e libertà dalla Legge, col coraggio di mettere in discussione culture, tradizioni, “dogmi”, da sempre acquisiti.

Non un’impresa facile.

Giuseppe obbedisce anche quando Dio sembra contraddirsi

In questo Giuseppe è grande. Egli realizza quella verità per cui “bisogna ubbidire a Dio piuttosto che agli uomini” (At5,29) anche quando Dio sembra smentirsi, contraddirsi fino alla sospensione dell’etica, come infatti era il caso dell’ubbidienza alla Legge.

Riesce cioè a fare un passo ulteriore. Prende coscienza che la Legge applicata in maniera  pedissequa, può tradursi in idolatria, dando corso a  processi regressivi, a una stagnazione spirituale, chiudendo le porte alla novità dello Spirito.

Invece diventa “uomo secondo il cuore di Dio” come lo era stato il suo grande predecessore, il re Davide (1Sam 13, 14), così da essere promosso da  “giusto” a “santo”.

Affrettiamoci a cambiare la statuina nel presepio.

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