Per chi [NON] suona la campana

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Hemingway e il suo famoso romanzo.
Le polemiche sul “disturbo” del suono delle campane e le leggi che lo regolano.
Ma una notte, alle tre del mattino, in un paesino di montagna…

Nessun uomo è un’isola

Per chi suona la campana – notissimo romanzo di Ernest Hemingway (1899-1961 premio Nobel per la letteratura 1954) pubblicato nel 1940 – deve il tiolo ad un verso di John Donne (1537-1651) che egli stesso riporta nell’epigrafe del romanzo, spiegando così il significato del titolo stesso: 

Nessun uomo è un’isola, completo in sé stesso. Ogni uomo è un pezzo del continente, una parte della Terra. Se anche solo una zolla viene portata via dall’onda del mare, la Terra ne sarebbe diminuita, … Ogni morte d’uomo mi diminuisce, perché io partecipo all’Umanità. E così non mandare mai a chiedere per chi suona la campana: Essa suona per te «And therefore never send to know for whom the bell tolls. It tolls for thee»). 

John Donne scrive nel 1624 e, forse intuendo che la società si stava sempre più individualizzando, vuole sottolineare che gli uomini non sono isolati perché l’umanità è interconnessa; vuole richiamare i legami comunitari e spirituali che uniscono tutti gli uomini: un contrasto alla solitudine. Il partigiano Robert Jordan, protagonista del romanzo di Hemingway ambientato nel 1937 durante la sanguinosa guerra civile spagnola, questo lo sa, dimostra di viverlo e per questo è disposto a sacrificare la vita. 

Il suono delle campane, quindi, acquista in questi contesti un significato altissimo, etico e morale: ma si sa! i tempi cambiano e anche i simboli posso perdere la straordinaria carica di significati che li ha resi tanto amati.

Le campane e l’inquinamento acustico

Nei Sinodi Minori del 1958 e 1960 il Card. Giovanni Battista Montini, allora arcivescovo di Milano, con saggia lungimiranza aveva ritenuto opportuno adottare alcune norme sull’utilizzo delle campane “per non recare ad alcuno evitabile molestia”, limitandone cioè prudentemente l’uso. 

Poi, soprattutto a partire dagli anni Ottanta, il suono delle campane è stato oggetto di ampi dibattiti, acute polemiche e non pochi aspri contenziosi giudiziari persino in sede penale, finché la sua disciplina è finita per confluire niente meno che nelle norme in materia di inquinamento acustico (in Lombardia L.R. 13/2001), con il risultato di arrivare a “legare” tutte le campane nelle ore notturne, comprese quelle degli orologi dei Comuni, garantendo finalmente l’agognato silenzio ai laboriosi cittadini bisognosi di un meritato riposo notturno. 

La nostalgia della vecchietta. E il “mio” rintocco notturno

Anni fa, era girata sui social la lettera ad un giornaletto locale di una vecchietta, una vedova della zona di Lecco (o forse di Varese) che si diceva molto dispiaciuta del silenzio notturno della torre campanaria del paese: per lei che da anni viveva sola, le mute campane acuivano il senso di solitudine durante le insonni veglie notturne, mentre quel suono cadenzato, quel dolce tintinnio, le scaldava il cuore, l’accompagnava nel trascorrere della lunga buia notte invernale, la faceva sentire parte del paese, di quella piccola comunità che viveva raccolta intorno al campanile.

Inutile riportare, anche solo per riassunto, i commenti degli haters (il più indulgente dei quali suggeriva ironicamente di scaricare un’apposita App che ogni 15 minuti riproduceva il carillon del Big Ben, ovviamente sintonizzato sull’ora di Londra), evidentemente insensibili ai mesti pigolii di una vecchietta sola di provincia, ai romanzi americani e ai moralistici sermoni di uno oscuro chierico della Chiesa d’Inghilterra, e, credo, soprattutto assolutamente disinteressati dei legami comunitari e spirituali che uniscono tutti gli uomini: ma tant’è, non per nulla la solitudine e l’isolamento sono tra le cifre che più caratterizzano l’uomo di oggi! 

Recentemente mi è capitato di trascorre con mia moglie un fine settimana in una sperduta frazioncina di montagna in Piemonte: è stato per me fonte di grandissima emozione sentire alle tre di notte la campanellina dell’orologio del paesino battere le ore: un tocco discreto, amico, caldo, che mi ha fatto sentire unito a tutti coloro per i quali questo suono melodioso veniva inviato: e non ho potuto fare a meno di pensare alla cara vecchietta di Lecco, a Ernest Hemingway e a John Donne, e che davvero non c’era bisogno di chiedere per chi suonasse quella campana: stava suonando per me! 

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