In mezzo al fracasso della guerra in Medio Oriente, è passato in secondo piano, un evento di grande portata: il risultato delle elezioni politiche in Polonia. Stando alle prime notizie sui siti, i populisti del Pis che ha governato la Polonia dal 2105, restano il primo partito, ma non sono in grado di formare un nuovo governo. Il partito filoeuropeo di Tusk, il Ko, è secondo partito ma può formare il governo e avere una maggioranza con i partiti alleati. Tusk ha affermato che “è finita l’epoca del populismo”. Se confermato, il risultato avrà “un significato enorme”, ha detto Prodi. E si capisce, per la Polonia, ma, più in là, per l’Europa e i suoi spesso difficili equilibri.
Nella vicenda polacca entra un capitolo che è ancora più “dimenticato” dell’insieme delle elezioni politiche di questi giorni: è il ruolo della Chiesa cattolica. Non bisogna essere storici per ricordare cosa ha pesato la Chiesa cattolica in Polonia. Ci ricordiamo le figure leggendarie a cominciare dal Wyszynski, tenuto prigioniero per tre anni dalle autorità comuniste, il ruolo avuto dalla Chiesa nell’appoggio dato a Solidarnos e poi soprattutto l’enorme ricaduta sulla chiesa polacca della figura gigantesca di Wojtyla, soprattutto dopo la sua elezione al papato, nel 1978.
Il popolo polacco si è sentito polacco perché cattolico. E si è sentito cattolico perché alternativo all’ideologia comunista
La Chiesa cattolica ha avuto una grande importanza perché ha dato un supporto significativo all’identità della Polonia. Il popolo polacco si è sentito, in buona parte, polacco perché cattolico. E si è sentito cattolico perché alternativo all’ideologia comunista. Fa parte, infatti, del cattolicesimo polacco una certa dose di militanza, al limite polemica, che ha contribuito non solo, all’esterno, a combattere il comunismo, ma, all’interno, a compaginare la Chiesa. Solo una Chiesa unita, infatti, può affrontare efficacemente il “nemico” esterno.
Ora, in Polonia, da tempo, il “nemico” è stato sconfitto e la Chiesa polacca si vede costretta a cercare la propria identità non nel dire di no al nemico, ma a dire di sì alle ragioni “proprie” che vanno quindi riscoperte. Qualcuno ha fatto la battuta: il comunismo ha fatto un grande favore alla Chiesa polacca, proprio perché l’ha combattuta.
La società laica non combatte la Chiesa, ma non la appoggia neppure: si limita ad abbandonarla
Ora in Polonia sta avvenendo quello che è avvenuto altrove: la società si è laicizzata e vota laicamente non per il partito di destra che raccoglieva le simpatie dell’episcopato, ma il partito europeista di Tusk. La società laica non combatte la Chiesa, ma non la appoggia neppure: si limita ad abbandonarla. E la Chiesa deve reinventarsi, tornare alle radici, capire che cosa significa essere Chiesa senza essere bastione contro nemici visibili e invisibili.
In questo, quindi, il caso polacco è la riedizione, pur con tutte le varianti locali, di quello che la Chiesa ha affrontato e sta affrontando altrove, in Italia, a Bergamo, dappertutto. La società ridiventata “pagana” chiede alla Chiesa la contropartita impegnativa di essere sempre di essere più “cristiana”.
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Varinelli