
In Accademia Carrara – sala 2 – è esposto un interessante, prezioso, enigmatico dipinto.
Qualità pittorica – originale sintesi delle culture pittoriche che vanno intrecciandosi nelle corti signorili dell’Alta Italia nella seconda del quattrocento – e pimenti di gran prezzo confermano l’origine del dipinto in ambiente d’alto rango.
Origine, committenti, autore del dipinto non sono al momento noti. L’opera risulta segnalata solo dal 1834 nella collezione del conte Lochis a Mozzo.
I temi della tavola sono molteplici e insolitamente connessi. Maria – Assunta, Incoronata, anche “Madonna della cintura”, rappresentata come nell’Apocalisse – circondata da dodici profeti, tutti con il loro nome, sale verso il cielo scuro illuminato da Cristo che attende la Madre reggendo una corona. Intorno anche i Cherubini reggono sessanta piccole corone plasmate in rilievo con pastiglia dorata.
Al centro raggi d’oro scendono dal cielo su un paesaggio di pace e su la tomba vuota di Maria circondata dagli apostoli che guardano in alto. Tommaso afferra la cintura che Maria gli offre.
In basso Santi monaci domenicani e francescani – anche San Bernardo con il diavoletto incatenato alle spalle, immagine della vittoria sulle eresie – contemplano il cielo attorno ad un cartiglio srotolato, ma muto, con le scritte abrase, accuratamente cancellate e illeggibili.
Il cartiglio – l’elemento interessante che interroga e rende attuale l’antico dipinto – è emerso da poco con il restauro effettuato nel 2013 che ha rimosso dal dipinto un uniforme strato di colore verde, come a simulare un prato.
Le arrotolature del cartiglio si svolgono partendo da una figura di spalle – quasi un fumetto ante litteram. Il personaggio indossa suntuosi abiti di corte; sembra arrivare dallo spazio esterno, della quotidianità; contempla la scena sacra e si inginocchia.
L’ignoto notabile probabilmente si chiamava Stefano: è infatti Santo Stefano – identificato dalla pietra della lapidazione sulla spalla – che dallo spazio di fede introduce il suo omonimo a Maria.
Questo personaggio, “orgoglioso” del buon esito di una sua impresa, la racconta nel cartiglio e la offre alla Madonna ringraziandola con un lussuoso ex voto.
I posteri non saranno dello stesso avviso: l’impresa e il suo autore verranno condannati all’oblio.
Resterà il dipinto; verrà rimosso e disperso, ma non distrutto, protetto dalla sua bellezza.
E’ un monito per i potenti di oggi, sempre orgogliosi delle proprie imprese; invadono, sbeffeggiano, deportano, segano, disprezzano, vogliono, possono (fantasticano su proprie effigi in gigantesche statue d’oro), “…neo feudatari del terzo millennio… novelli corsari…aspirano a signorie per gestire beni comuni… quasi usurpatori delle sovranità democratiche… (Sergio Mattarella)”.
Il tempo però è un giudice severo e la storia vigila sulla fama.
Due note a margine
Alla lunga l’arte non si lascia strumentalizzare dal potere: l’arte resta e insegna; le mene del potere lasciano purtroppo segni, ma passano.
Anche la religione, troppo spesso insidiata (come dal “nobile” Stefano del prezioso dipinto), si emancipa dalle mire del potere?