Leggo “Mondo e Missione”, la bella rivista missionaria del “Pime” di Milano. Propone sempre ampi squarci sui grandi problemi soprattutto di Africa, Estremo Oriente, America Latina.
Nell’ultimo numero, il direttore padre Mario Ghezzi ricorda la sua esperienza missionaria in Cambogia. Una Chiesa piccola (in Asia i cattolici sono il 2 per cento) nella quale, però, si vivevano esperienze stimolanti.
La liturgia vissuta con gioia ha fatto partire veri cammini di conversione
“Mi commuovevano gli universitari e liceali che chiedevano di diventare cattolici, con un catecumenato di tre anni, facendo questa scelta senza l’appoggio della famiglia e con la società e gli amici che li bollavano ‘traditori della patria’ (…) Questi giovani diventavano annunciatori del Vangelo, portando amici e compagni di studi i chiesa la domenica, dove la liturgia vissuta con gioia fa fatto partire veri cammini di conversione”.
Padre Ghezzi fa notare che “stiamo diventando minoranza anche in Europa”. Vero. Ma le nostre liturgie faticano a comunicare la gioia della fede. Sono più riti identitari che feste della fede. Servono a chi è dentro per restare più che a chi è fuori per entrare. Succede anzi, sempre più spesso, che i pochi che sono dentro si uniscono ai molti che sono fuori.
Sempre su Mondo e Missione, però, viene data una notizia che, in qualche modo, si pone in alternativa e a completamento di quanto raccontato nell’editoriale. In un articolo sulla Terra Santa si parla della ripresa del flusso dei pellegrini. Quelli di provenienza USA ed Europa sono i più numerosi. Dall’inizio dell’anno gli statunitensi sono stati 578 mila, 170 mila i francesi, 50 mila gli italiani. Crescono i pellegrini di provenienza extraeuropea: 43 mila dal Brasile, 24 mila dal Messico, 15 mila dall’India, 11 mila dalle Filippine, 7 mila dalla Corea del Sud, 37 mila dall’Africa.
I pellegrini francesi sono il triplo di quelli italiani
Mi incuriosiscono alcuni di questi dati. Quei laiconi di francesi sono il triplo di noi italiani. La Francia si porta addosso l’antica etichetta di “fille ainée de l’Elise”, “figlia primogenita della Chiesa”. Ma è figlia molto cresciuta che ha dimenticato la madre. In Francia vanno a messa la domenica il 2 per cento. Domanda: Non è che la fede minoritaria è però più sentita di quella di massa (nell’ipotesi che la fede degli italiani possa considerarsi ancora di massa)? Quando si è pochi, infatti, si sente di più l’esigenza di tornare alle fonti.
I francesi posseggono un termine affascinante: ressourcement che si traduce con “ringiovanimento”, “rigenerazione”, ma che contiene il termine sources, “sorgenti” e significa quindi “ritorno alle fonti”, “ritorno alle sorgenti”. Per sentire il bisogno di tornare alle sorgenti bisogna avere sete e, soprattutto, bisogna accorgersi di avere sete.
Considerazioni analoghe si possono fare anche di fronte alle migliaia di pellegrini che arrivano da paesi dove il cristianesimo “non c’è”. Ma c’è e si vede, minoritario, certo, ma spesso più entusiasta di quello di paesi dove il cristianesimo c’è e si vede anche ma è come se non ci fosse e non si vedesse.