La questione che si apre, in conseguenza a questi passaggi, è quella che riguarda la pastorale giovanile. Chi gestisce la pastorale giovanile in assenza del curato? La diocesi, già più di dieci anni fa, ha scelto la via delle equipe educative (nelle quali io, personalmente, credo molto: da curato di oratorio a Grumello e Telgate ero molto soddisfatto del loro lavoro). Si tratta di un gruppo di laici che coadiuva il parroco (e il curato, dove è presente) nella gestione della pastorale giovanile. Ora, questa scelta dovrebbe essere oggi seriamente valutata e, se necessario, riveduta e corretta: un po’di tempo è passato e si sono fatte esperienze. Alcune sono state molto positive, altre meno, altre ancora sono state fallimentari. È forse tempo di fare un’analisi seria su quanto accaduto in questi anni di lavoro delle equipe.
Ciò detto, va però ricordato che l’equipe educativa si colloca più a livello di pensiero, di decisione alla luce di un progetto che la parrocchia predispone per strutturare la sua pastorale giovanile. Io qui, però, vorrei affrontare una questione puramente pratica, ma a mio avviso fondamentale, che riguarda la presenza fisica di qualcuno che, in assenza del curato, possa esserci in oratorio.
La questione è più complessa e seria di quello che si potrebbe pensare. Infatti, capita spesso di sentire frasi quali: “Beh, farà il parroco!”. Espressioni come queste dicono certamente una verità, peraltro scontata: se il curato non c’è, ovviamente la responsabilità della pastorale giovanile passa interamente al parroco.
Tuttavia, il passaggio non è semplice. Penso a quelle parrocchie di dimensioni importanti, con 6/7mila abitanti, che rimangono senza curato. Il parroco (magari non più giovane…) è già impegnato in diversi gruppi parrocchiali, nell’amministrazione, nel seguire i diversi settori della parrocchia, nei sacramenti (con parrocchie grandi, anche solo il numero di funerali è elevato… e i funerali richiedono parecchio tempo), nella visita agli ammalati ecc.
Non solo: spesso i parroci sono anche presidenti di scuole dell’infanzia e qualcuno perfino di case di riposo. Se a queste attività si aggiunge la gestione di tutto ciò che riguarda l’oratorio, diventa difficile. E la prima difficoltà sta proprio nel fatto che, con tutto questo da fare, il tempo per stare in oratorio e interagire con i ragazzi non c’è.
Peraltro, episodi ormai diffusi in tutta la terra bergamasca (e non solo!) ci parlano di emergenza educativa. Non è più, come condividevamo con i confratelli curati di Seriate a pranzo, ciò che “avverrà domani”, ma un serio problema di oggi.
Gruppi di ragazzi problematici, piuttosto degli ormai tristemente famosi “maranza”, che danno seriamente filo da torcere a tutti, perché paiono ineducabili e, soprattutto, richiedono una presenza costante e capace di interfacciarsi con loro, sono presenti ormai ovunque.
Non è pensabile che, se il prete non c’è perché impegnato in altro (e sottolineo impegnato a fare il prete, non in hobbies personali!) la responsabilità di ciò che accade negli oratori sia sulle spalle del volontario che tiene puliti i campetti, della segretaria dell’oratorio o della barista anziana che non sopporta la maleducazione ma ha paura a richiamare i ragazzi.
Conoscendo queste situazioni, peraltro, comprendo perfettamente anche la paura che possa accadere qualcosa di brutto a sé o ai propri figli, con il rischio che, se i nostri oratori diventano “terra di nessuno”, senza presenze educative competenti e di riconosciuta autorevolezza (ammesso ve ne siano ancora…), si creino all’interno di questi spazi dinamiche pericolose, anche per i bambini e ragazzi che in oratorio vanno per giocare e stare con gli amici.
Dunque, la domanda è seria: dove il curato non c’è, chi sta in oratorio a garantire una presenza educativa e la sicurezza di chi frequenta ambienti e attività? Non credo, personalmente, che porre una domanda come questa possa risultare una critica alle autorità ecclesiastiche o un rimprovero, come se non volessero accorgersi delle criticità o affrontare il problema. Al contrario, credo che questa domanda dica la passione di noi preti per la Chiesa e, nello specifico, per gli oratori, nei quali molti di noi hanno lavorato e lavorano con impegno.
Forse è tempo di capire insieme come affrontare questa questione. Aspettare oltre sarebbe un grave errore.